Non passa giorno durante il quale, in un modo o nell’altro, ciascuno di noi si ritrovi ad entrare in relazione – vorrei dire: ad esserne sollecitato – con un algoritmo per avere delle risposte volte a soddisfare un proprio bisogno. Informazioni, pagamenti per acquisti, trasporti e spostamenti, richieste di documenti e molto altro ancora “passano ormai quasi solo da lì”, rosicchiando di volta in volta spazio a quell’“analogicità fatta di persone” che, fino a ieri, contraddistingueva il nostro rapporto con il mondo intero. Tutto ciò potrebbe essere in un certo qual modo comprensibile, anche se l’atto di questo comprendere lo dobbiamo considerare in molti casi, così… “alla buona” – infatti, a seguito di un atto di generosità nei nostri stessi confronti, soprassediamo il più delle volte alla fatica di pensare per comprendere un po’ più a fondo ciò in cui siamo veramente implicati nel momento in cui facciamo riferimento a questi processi...

Quando diciamo quindi che “la tendenza ineluttabile del nostro tempo è quella della digitalizzazione” che cosa stiamo in verità asserendo? Questa domanda – la formulazione della quale dovrebbe essere ovviamente rivista e precisata – porta con sé non pochi problemi. La digitalizzazione ha già trasformato radicalmente le relazioni con quanto e con chi ci sta attorno: ci rende la vita facile in alcune cose, ce la complica – e non poco, almeno per ora – in altre. Uno dei settori in cui il tema della digitalizzazione è, di fatto, già indiscutibilmente presente – anche qui: per alcuni in maniera poderosamente e orgogliosamente sana, per altri in modo evidentemente altrettanto problematico – è quello del servizio pubblico. Alcuni di noi, infatti, ritengono di essere in grado di abitare la contemporaneità anche muovendosi agilmente nello spazio digitale (avrà ancora senso chiamarlo così?), abitandolo cioè con sicurezza, con competente disinvoltura e grande vivacità. Altri, invece, non solo si incagliano sugli aspetti pratici che questo cambiamento impone (bisogna dirlo con franchezza, anche se questa è la parte forse più facilmente risolvibile del problema…), ma vorrebbero anche comprendere meglio che cosa tutto ciò sta a significare…

L’Associazione per la difesa del servizio pubblico (che annovera, tra i suoi scopi, anche quello dell’approfondimento della relazione che sussiste tra l’individuo e la collettività, di cui tutti - val la pena di ribadirlo – facciamo volenti o nolenti parte), si propone di adoperarsi per contribuire a questo esame. Anzi: ha già iniziato a farlo…

Lo scorso 24 maggio, nella sala del Consiglio comunale di Bellinzona, ha avuto luogo una bella serata espressamente dedicata al tema, con ospiti di tutto riguardo: Milena Folletti, Delegata alla trasformazione digitale dell’Amministrazione Cantonale; Silvano Petrini, Direttore Centro Sistemi Informativi, Ivan Vanolli, Responsabile del Servizio dell’informazione e della comunicazione del Consiglio di Stato e Arnoldo Coduri, Cancelliere dello Stato. Sono state esposte le linee guida per la digitalizzazione dello Stato e si è insistito molto sulla conseguente modernizzazione, processo questo che deve essere governato con grande attenzione.
Nella discussione che ne è seguita sono emersi alcuni punti critici, quali l’accessibilità ai servizi dello stato (che deve essere garantita anche a chi, in questa fase di passaggio, con la digitalizzazione non si trova completamente a proprio agio), delle difficoltà sul piano della legislazione, su alcuni aspetti relativi alla sicurezza dei dati e, anche, sul senso di responsabilità (inteso in forma nuova) che questa trasformazione porterà con sé. L’impressione generale che alcuni presenti ne hanno tratto è stata positiva nel constatare che il discorso, in un certo senso, è per molti aspetti ancora aperto: problemi nuovi, ipotesi di soluzione nuove, un’adeguata comunicazione, un nuovo concetto di fiducia che il cittadino è chiamato a lasciar germogliare in sé sono solo alcuni degli aspetti su cui tutti (i funzionari cantonali responsabili del progetto in primis, ma la cittadinanza nella sua totalità) – tanto per citare alcuni temi emersi durante la discussione – sono aspetti tutt’altro che risolti (anche perché siamo davvero ancora un po’ all’inizio di questa importante trasformazione).

Il ruolo dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico sarà quindi anche quello di osservare con grande attenzione questo tipo di trasformazione, adoperandosi quanto più possibile per contribuire ad una sua implementazione nello spirito che anima ognuna delle sue attività: mantenere forte e solido il ruolo dello stato nel continuare ad offrire ad ogni cittadino gli strumenti adatti per esercitare la propria cittadinanza.

Associazione per la difesa del servizio pubblico