Sul piano federale si sono registrati 3 Sì, nel rispetto delle previsioni. Di maggior rilevanza, il tema che ha ottenuto la più forte approvazione, cioè l’adesione al potenziamento del controllo delle frontiere esterne dell’Europa (Frontex). Il popolo svizzero ha dato nettamente la sua preferenza a considerazioni di sicurezza, importanti anche per il nostro paese, nonché a un atto di solidarietà verso l’Unione europea, anche per non peggiorare una situazione tesa dopo la rottura dei negoziati sul proposto accordo-quadro CH/UE.

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L’unica votazione cantonale, resa necessaria dal referendum promosso dalle forze di sinistra, si è pure risolta per un sì, confermando purtroppo una misura legislativa imposta dalla destra cantonale, formata dall’Unione di Centro, dalla Lega e dal Partito liberale-radicale, e della quale francamente non si vedeva la necessità: infatti il Ticino possiede già sufficienti strumenti legali per adeguatamente gestire il suo bilancio finanziario. Per di più, l’affermazione elettorale delle destre è stata netta: 46816 SI (56.87 %) e 35503 NO (43,13) con un partecipazione del 38.27 % (piuttosto bassa, se si considera il dato parallelo a livello federale per le tre votazioni). Un risultato indiscutibile, che merita qualche commento.

A questo riguardo, occorre rilevare che il proposto decreto (approvato a stretta maggioranza dal Gran Consiglio), più che a una necessità, corrispondeva a un ulteriore proposito della destra di affermare la sua supremazia nell’elettorato, continuando quanto successo pochi mesi prima, con l’approvazione di un nuovo strumento costituzionale, del quale non si vedeva proprio l’opportunità: il referendum finanziario obbligatorio. Sta di fatto che si è ora voluto introdurre un criterio (esclusione di un aumento delle imposte), sottraendo così sia al Consiglio di Stato sia al Gran Consiglio le competenze per poter attuare un bilancio sensato e conforme alle necessità del paese con normali mezzi esecutivi e legislativi.

Il successo delle destre è stato netto; ciò nonostante è lecito avanzare qualche dubbio sulle sue circostanze: quantomeno nella sua ampiezza, l’esito è anche il frutto di una campagna demagogica dei tre partiti sostenitori del progetto. Un demagogia che appare chiaramente già dal volantino distribuito a tutti i fuochi e sottoscritto dalle tre forze politiche: “ Stop all’aumento delle imposte “ e “ SI a spendere meglio i soldi dei cittadini “. E’ evidente che gli elettori più sprovveduti (indipendentemente dal loro reddito o dalla loro capacità tributaria) si lascino facilmente influenzare da questi slogan.

Appare sconcertante, ma ormai non può più meravigliare, la presenza incondizionata nell’alleanza di destra del PLRT. Secondo un’espressione del tutto condivisibile del direttore della Regione (16.5.2022), egli si chiede fino a quando l’ala radicale del partito (se ancora esiste) “ sarà disposta a tollerare la deriva democentrista dell’attuale presidenza “. In realtà, la questione è ormai chiara: l’ala radicale non esiste più. Prova ne sia l’atteggiamento ambiguo e per finire sfociato in un SI al decreto di quei pochissimi deputati PLRT che, del tutto teoricamente, potevano ancora essere etichettati come “radicali “.

Gli stessi sostenitori del decreto per il “ pareggio dei conti “ sostenevano che si trattava di un “ voto di indirizzo “ quindi privo di disposizioni concrete e impegnative. Ci si può chiedere a cosa serve, se non a un’affermazione di forza delle destre, che non fa che complicare una situazione di per sé non semplice. Comunque si può prendere atto che il Consiglio di Stato è già da tempo al lavoro per un miglioramento delle normative finanziarie. Quanto al Gran Consiglio, se dovesse votare (in contrasto con le promesse dei fautori del decreto, ma si sa che le promesse non sempre coincidono con l’esito effettivo) dei tagli, ci sarebbe la via del referendum (con tempi che corrono, senza soverchie possibilità di riuscita).

Del resto, l’applicabilità di questo decreto finanziario (valido fino al 31.12.2025, ma chi può escludere, vista la piega che hanno assunto le cose, che non sia reiterato) non sarebbe comunque facile. Ad esempio, come interpretare l’avverbio “ prioritariamente “ , introdotto per crearsi un alibi su proposta del gruppo PLR, e riferito al contenimento delle spese in vista del pareggio di bilancio ? Ciò non costituirebbe altro che un’ulteriore problematica applicazione della nuova norma.

Vi è poi da rilevare che il governo sta per presentare al parlamento una nuova legge tributaria, presumibilmente con diversi criteri per il calcolo delle imposte, le cui aliquote potrebbero essere abbassate o alzate. E’ ovvio che l’imposizione contenuta nel decreto appena approvato potrebbe condizionare la discussione sulla nuova legge, e ciò a prescindere dal contenuto delle posizioni politiche dei partiti. Ma indipendentemente da questa futura legge il Gran Consiglio deve essere in grado, senza divieti legislativi, di abbassare o alzare le imposte, secondo le necessità della popolazione e delle finanze cantonali. Le quali, come hanno ripetutamente fatto osservare i referendisti, devono tenere in primaria considerazione le esigenze sociali (dalla sanità alla scuola agli anziani, ecc.) nonché il vitale settore del servizio pubblico, per garantire a tutti i cittadini le necessarie prestazioni dell’ente pubblico.

In definitiva, non è eccessivo pessimismo affermare che molto probabilmente il futuro riserverà nuove sgradite sorprese.

Diego Scacchi