L’Associazione per la difesa del servizio pubblico ha preso atto, con preoccupazione, che l’UDC e alcuni deputati di altri partiti, negli scorsi giorni hanno lanciato un’iniziativa popolare per ridurre gli effettivi dell’amministrazione cantonale ticinese.
La proposta esclude il personale insegnante e quello dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale e riguarda gli altri 5200 dipendenti. Il loro numero, secondo l’iniziativa, non dovrebbe superare l’1.3% della popolazione residente in Ticino e si prevede una riduzione del 10% in cinque anni (circa 580 unità).
La loro proposta trova origine da uno studio dell’Idheap di Losanna secondo il quale il costo dell’amministrazione ticinese sarebbe del 33% superiore alla media intercantonale.
I promotori dell’iniziativa ignorano che lo studio dell’Idheap è lacunoso:
- per fare i confronti con gli altri cantoni ha per esempio rivalutato gli stipendi ticinesi, inferiori del 13% rispetto alla media
- tiene conto solo della popolazione residente e non degli 80'000 frontalieri di cui l’amministrazione si deve occupare
- non considera che il Ticino è un cantone di frontiera e, vista la sua situazione geografica, non può beneficiare delle sinergie con gli altri cantoni (ad esempio carceri, formazione, servizi sociali e sanitari, polizia)
- non tiene conto della minore importanza delle amministrazioni comunali in Ticino, rispetto alla media svizzera
- trascura le differenze sociali che necessitano in Ticino di maggiori interventi dell’amministrazione a favore delle famiglie più sfavorite.
L’iniziativa popolare è quindi fondata su dati molto fragili. Inoltre, i fautori dimenticano che la pubblica amministrazione deve rispondere ai diritti, alle attese e ai bisogni del pubblico. Come osserva l’OCSE, l’Organizzazione per lo sviluppo economico,” l’amministrazione elabora leggi, assicura servizi e prestazioni, preleva imposte, esercita compiti di polizia, informa e interviene nella vita dei cittadini in mille modi diversi”.
L’amministrazione pubblica non può nemmeno regolare la quantità del lavoro che deve svolgere. Non può, a differenza del privato, introdurre tempi di attesa e scadenze per la consegna in funzione delle ordinazioni e della capacità di produzione. Una richiesta di invalidità, una prestazione contro la disoccupazione, una domanda di costruzione o un contributo per il promuovimento economico, non possono rimanere inevasi senza provocare disagi, anche rilevanti al cittadino-utente. Sorprende quindi che anche le organizzazioni economiche sostengano questa iniziativa che porterebbe pregiudizio perfino alle aziende attive in Ticino.
L’Associazione per la difesa del servizio pubblico è consapevole che qualsiasi istituzione, e quindi anche l’amministrazione pubblica, può necessitare di riforme e di adeguamenti alle mutate realtà sociali ed economiche. Questa iniziativa è però pericolosa. Essa vuole mettere un limite arbitrario alla pubblica amministrazione, senza tener conto dei bisogni dei cittadini.
Bellinzona, 21 novembre 2024